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Sul Museo Riso, le istituzioni dell’arte e i progetti creativi alternativi

di Gianpiero Vincenzo

C’era una volta un museo d’arte contemporanea…

Si anche in Sicilia ce n’era almeno uno. Poi però come tutte le favole anche quella del Museo Riso di Palermo è finita e il ritorno alla realtà ha messo in evidenza quella lacuna culturale che si allarga sull’Italia a macchia d’olio. In Italia non si sa come gestire e investire nell’arte e nella cultura. E se la Penisola non ha una politica culturale, l’Isola ne ha ancora meno.

Postcoronavirus

Il neoliberismo è apparentemente andato in crisi e lo Stato, con la maiuscola, è tornato di moda. I prestiti europei sono il nuovo orizzonte finanziario con i quali si possono mettere in campo risorse importanti (anche se resta da vedere quanto arriverà effettivamente alla società reale). Anche le istituzioni culturali potrebbero avere l’occasione per un loro rilancio.

Nei giorni scorsi è stata recapitata una mail agli artisti siciliani per rinnovare l’iscrizione al SACS, acronimo di Sportello per l’Arte Contemporanea della Sicilia. Proprio quegli stessi artisti a cui ci eravamo rivolti per un sondaggio in merito alla eventuale “chiusura” del Museo Riso, in quanto spazio “fantasma” dell’arte. Con la consapevolezza che l’assenza sul piano culturale non escludeva una funzionalità sul piano della clientela o dello sfruttamento di canali di finanziamento: ma questo è un altro discorso.

Le polemiche sulla politica e la distribuzione delle cariche, in Sicilia come altrove, non sono interessanti né utili. La cosa peggiore e che nella Penisola e nell’Isola continua a mancare un progetto culturale. Non c’è alcuna idea su come la cultura nutra direttamente o indirettamente il sistema delle immagini, di cui il tecnocapitalismo pur si nutre. A maggior ragione non c’è alcuna concezione di quanto la creatività sia indispensabile nell’attività centrale dell’uomo: la produzione di senso.

Alternativa creativa

Il vuoto istituzionale potrebbe essere colmato da una nuova iniziativa degli artisti, da una nuova riorganizzazione del cosiddetto “sistema dell’arte”. Vivere a New York, a Londra o a Berlino, non è più possibile, e non solo sotto il profilo economico. Vi è una sorta di “inquinamento” culturale che va di pari passo con quello ambientale. Sempre più profughi di un mondo dell’arte in disfacimento sono alla ricerca di nuovi punti di riferimento. E stanno venendo in Sicilia. Questi nuovi nomadi dell’arte sono una risorsa preziosa per lo sviluppo di un progetto culturale alternativo: scambi, riflessioni condivise, dibattiti “in presenza” e non. Un progetto capace di utilizzare tecnologie innovative così come di fondarsi sull’Uomo. La Sicilia non è l’unico luogo di un possibile nuovo progetto culturale. Certamente può essere uno di quei centri di cui il mondo dell’arte è alla disperata ricerca.

Se si dovesse usare un hashtag forse #creativealternative sarebbe quello più appropriato. A questo punto è forse inutile passare troppo tempo a guardare alla politica e le istituzioni dell’arte. Forse sarebbe meglio che queste tornassero a guardare agli artisti.

Immagine di copertina: canecapovolto.

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